Achille
Una volta mio zio mi diede un bacio e la sua barba mi perforò la guancia. Da allora sono traumatizzato e quando qualcuno si avvicina lo rado. Ho provato a frequentare solo ragazze e per tre settimane ha funzionato con una giapponese perché se qualcuno parla una lingua straniera in mia presenza divento paranoico e mi convinco che stia parlando di me, e Yoshiko sembrava non parlare d'altro. È finita quando mi sono reso conto che non serviva un orecchio a mandorla per scoprire la sua vera natura: sarebbe bastato spedire un pacco con la scritta “Giapponese zoccola, Europa” e seguire il postino. È stata una botta davvero pesante perché se non puoi stare con i maschi e non puoi stare con le femmine allora la tua scelta si riduce drasticamente e l'unica persona con cui puoi stare è Adele, il personaggio del romanzo che sono costretto a scrivere per non morire solo.

Dal romanzo di Achille
Una volta suo zio gli diede un bacio e la sua barba (quella dello zio) gli perforò la guancia. Però io lo amo e non mi interessa se soffre di tricotomia nonostante la tricotomia non sia una malattia: sarò la protagonista del suo libro. Voglio costituire della buona letteratura per lui ma non ho grandi doti artistiche e mi ispiro a quello che disse Michelangelo: “Ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore scoprirla”. Insomma ho comprato un vocabolario e spero di trasformarlo nella più grande avventura della sua vita. Ho già una prima bozza.

Dalla bozza di Adele per il romanzo di Achille
Era un bravo ragazzo; in biblioteca prendeva in prestito solo storie d'amore senza finale e una volta ha fatto la respirazione bocca a bocca a un cane senza che nemmeno lui ne avesse bisogno. Era un pezzo di pane e faceva degli amici il suo salame. Odiava le storie a Matrioska e non riuscì mai a dire a nessuno che era muto. Temeva di essere ucciso da sua madre perché l'uomo che l'aveva creata stava finendo per trovarlo più interessante lei. Riusciva a non pensarci continuando a cercare il primo numero de “L'uomo mosca”. Non gli interessava tanto il protagonista quanto i suoi genitori. Non riusciva a capire come un uomo e una mosca potessero copulare. Aveva provato a replicare l'esperienza usando un sacco di lubrificante ma non aveva funzionato perché mancava quello che per Mario era l'elemento fondamentale: l'amore. In ogni caso Mario è morto ieri e devo trovare un'altra storia in cui il protagonista muore non dico alla fine ma almeno un po' dopo l'inizio.

Dal diario di Mario nella bozza di Adele per il romanzo di Achille
Saverio invertiva le parole. Gli capitava spesso di dire “porta la chiudi” o “parole inverto le spesso”. Il problema è che a volte senza volerlo diceva cose davvero molto molto intelligenti e quando gli chiedevano di approfondire si mostrava ermetico e restava zitto per giorni. In capo a dieci anni diventò uno degli uomini più citati del suo tempo, al punto che un giornalista ruppe un vetro della sua finestra per chiedergli il motivo del suo comportamento così schivo. “La cura”, rispose Saverio, “è la miglior solitudine.”

Dall'articolo del giornalista del diario di Mario nella bozza di Adele per il romanzo di Achille
Tutto quello che sappiamo è che ogni storia è dentro un'altra storia e che ci accorgiamo sempre di quelle che sono sotto di noi ma raramente di quelle che ci contengono. Un mio amico una volta lo disse così: siamo dei tarli che se ne fottono in quale armadio sono e non sanno nemmeno dell'esistenza della casa, perché in fin dei conti per i tarli esiste una cosa soltanto.

Dall'amico citato nell'articolo del giornalista del diario di Mario nella bozza di Adele per il romanzo di Achille
Il sapore del legno.