Nel 1947, nella zona meridionale della foresta amazzonica, un gruppo di tre studiosi si imbattè in una tribù di aborigeni completamente ignara del resto del mondo. C’erano ottantaquattro individui, settantadue maschi e dodici femmine, e ci vollero tre anni per decodificare la loro lingua. Fu molto difficile perché all’inizio sembrava che quello che si dicevano non avesse senso. Ci fu una svolta negli studi quando uno dei tre ricercatori, Peter Newborn, venne fulminato da un’intuizione: e se davvero quegli uomini comunicassero a vanvera? E in quel caso, come avevano potuto sviluppare un linguaggio del genere e soprattutto perché?
Questo libro racconta delle incredibili scoperte che ne seguirono; di come tre uomini che cercavano nuove specie animali finirono per trovare la soluzione a tutte le sofferenze umane, e del motivo per cui, quando tornarono in patria, nessuno riuscì mai a capire una sola parola dei libri che scrissero.
Tratto da “Le taralline”, di Peter Newborn
Del bicchiere trampolino, ah ah, ce n’erano quattro, di cui cinque no. Senza tutto non esisteva niente, per cui l’arancio più alto prese la pala e scriverà domani, se ne avrà un pelo. Capirebbero? Era questo che era, ed era. Nell’infinito.